Il sole a Medjugorje non è giallo, ma grandissimo e bianco. Testimonianza su Medjugorje
Il sole a Medjugorje non è giallo, ma grandissimo e bianco. Ha intorno un alone più chiaro che spesso gira, mi dicono, ma io non l’ho visto.
Siamo arrivati un venerdì mattina, esausti dopo una notte in traghetto , sbarco alle 7 del mattino, frontiera croata, frontiera bosniaca, in pullman. La strada è costeggiata di cimiteri con fiori sempre freschi, e di case sinistrate dalla guerra.
La nostra ‘tata ‘si chiama Adelio , strano nome per un uomo, per ricordarcelo pensiamo a una vecchia zia. Non è un prete e non ci fa subito pregare. Fa l’appello per cognomi e in pullman ci lascia dormire.
La pensione è una casa a due piani, le stanze a due letti e un bagnetto. Dalla finestra si vede un monte tutto verde e in cima una grandissima croce. Le case davanti hanno gli orti, non il giardino. E i galli cantano tutto il giorno, e i cani si parlano ogni tanto da un recinto all’altro.
Il gruppo a cui siamo aggregati è di 39 persone. L’unica anziana ha 77 anni, è abruzzese e si chiama Nicola. Tutta la vita sua non ha avuto che problemi per quel nome da maschio. Gli altri sono giovani, alcuni molto giovani, 19 o vent’anni.
Ci sono due gemelli identici fra loro intorno ai trent’anni, con le giovani mogli e tre bellissimi bambini molto piccoli che non hanno mai pianto. Patrizia è bellissima, ha 18 anni , un tumore in metastasi al polmone, un coraggio da leoni e una magnifica madre. Non abbiamo fotografie di lei, si nasconde perché è troppo gonfia per il cortisone, e si vergogna. Noi siamo cinque. Beatrice ha un linfoma di Hotchkin in remissione, è molto magra e apparentemente fragile, è molto mistica, quando prega sembra un ragnetto inchiodato alle rocce , che stia per volare via da un momento all’altro. E’ solo energia quasi senza corpo. Roberta è sorella di Max. Roberta è la gioia pura di vivere , di credere e di amare. Non è particolarmente pia, ma è qui per suo fratello, e spera. Max ha un melanoma scappato ,ormai in metastasi alle ossa. E’ in terapia antidolore. Ha le stampelle e un busto che è una via di mezzo fra una panciera e un reggipetto. E’ allegro e tranquillo, come se non fosse malato. Dignità e coraggio e senso di sfida. Anche speranza molto nascosta da qualche parte. Max aveva detto che lui è agnostico quando sul terrazzino dove si fuma al Niguarda gli proponemmo il viaggio. Allora, 2 mesi fa , non le aveva le stampelle , e non era gonfio per il cortisone. Ma è venuto lo stesso. Ha un male veloce e neanche quarant’anni, né moglie , né figli. Bisogna pure che Dio gli dia la possibilità di investire i suoi 10 talenti. Per questo siamo qui. Poi c’è mio figlio Edoardo, ha un medulloblastoma in remissione dopo due trapianti di midollo, si è preso l’unico tumore al cervello che butta metastasi al midollo spinale, ha 25 anni e ne aveva 22 quando si è ammalato . Anche in lui una forza di vivere che non so concepire. Davvero solo Dio è nella testa di un malato.
Il pomeriggio di venerdì Nicola l’abruzzese , abbandonata dal figlio che preferisce altro, mi ha presa per mano e coinvolta nella terrificante Messa in croato che dura un’ora e mezzo compresa la predica, e che se non hai la radiolina con le cuffie che te la traduce non capisci niente e ti annoi a morte. Poi c’è la benedizione degli oggetti destinati ai malati e la benedizione di guarigione. I malati sono pochi, si riducono a un piccolo gruppo, però piangono e senti anche tu la commozione e la sofferenza. Poi andiamo attraverso i prati alla statua del Cristo risorto, è di bronzo ed enorme. La posizione è di Crocifisso, con le braccia allargate, ma ai suoi piedi una specie di canoa sempre in bronzo simboleggia il sepolcro da cui si è appena levato. Da anni, dal suo ginocchio sgorga un liquido che sembra acqua e una folla enorme si accalca per bagnarci i fazzoletti. La gamba sembra d’oro nel punto dove esce la goccia , il bronzo è liso per lo strofinìo.
La cena alla pensione è buona e semplice, con le verdure dei loro orti, e forse i loro polli. Tutti sperano di aver mangiato almeno qualcuno dei galli che cantano tutto il giorno. La mattina, sabato, si va al Podbrdo, il monte delle Apparizioni. Il sentiero è un free climbing di rocce stratificate in tutte le direzioni, ripido, impervio, con un fiume di persone con scarponi e bastoni che salgono recitando il Rosario e cercando di non cadere. Beatrice sale a piedi scalzi per devozione, per conto suo prega, la sofferenza si vede solo dal pallore. La sua discesa è penosa ma lei vuole così. Max viene con le sue stampelle . Arriva in cima e davanti alla statua tutta bianca della Madonna ride. Ride perché ce la ha fatta, perché le gambe non gli hanno fatto troppo male, perché voleva a tutti i costi arrivarci e lo spirito governa tutto il corpo. E’ stato il suo Calvario. Sente che ha vinto e ride. Due giovani seduti su una roccia con il Rosario in mano ci fanno segno di star zitti.
Il giorno dopo alle 8 del mattino siamo andati ai piedi del monte dove ci sarebbe stata l’Apparizione a Mirjana. Era il 2 maggio, domenica. Abbiamo sistemato Max su uno strapuntino in mezzo a una gran folla, e lo riparavamo con i nostri corpi. Il grande sole lo colpiva attraverso il buco per la campana del campanile come un faro da teatro. Alle 8.53 il sole ha girato dietro al campanile illuminandoci tutti e Max si è alzato in piedi. In quel momento la Madonna era apparsa a Mirjana. C’era un grandissimo silenzio. Poi, al “Cenacolo”, due giovani ex drogati con grande semplicità ci hanno parlato di sé. Siamo stati ad ascoltarli due ore senza essere stanchi. Qualcuno piangeva. In quei posti capisci la misericordia, di Dio e anche degli uomini. La sera Max aveva una gran febbre quando siamo tornati dalla Messa. Era rosso e gonfio, ci ha fatto impressione, ci ha detto vi prego non lasciatemi più solo. Dopo mezz’ora mangiava a tavola con noi e la febbre non l’aveva più. La mattina dopo si va al Krizevac, il Monte più alto, in cima c’è un’ immensa croce bianca che si vede da tutta Medjugorje. Una Via Crucis fatta di bassorilievi in bronzo messi un po’ a caso va su con un andamento serpeggiante perché non c’è un vero sentiero e la salita è ripidissima. Si sale come si può. Attaccandosi agli alberelli, cercando il sasso meno a punta, quello che non frana e quello meno scivoloso. Max è rimasto in pensione, non poteva farcela, Roberta è rimasta con lui e anche Edoardo. Andiamo Beatrice ed io. Ho deciso di andare su a piedi scalzi, portando con me tutti i malati che conosco che non possono salire. Il mio timore sono i bastoni della folla che sale. Preferirei che non mi fratturassero un metatarso appoggiandomene la punta sul piede. Quindi vado su di corsa per precederli , non faccio fatica, sono leggera. Salendo, una signora indica i miei piedi dicendo ‘ ma quanta fede hai’, le chiedo come si chiama, e porto su anche lei, Laura, sui miei piedi scalzi. Salendo, incontro un giovane giapponese che scende con una croce di legno in grandezza naturale. E’ sereno e agile, e non sembra stanco. Mi domando dove abbia reperito quella Croce. Salendo, si mette a piovere grosso, la gente si mette i cappucci senza schiamazzi e senza smettere di pregare, e si concentra a non scivolare sulle rocce che sono diventate di sapone. Arrivati alla Croce c’è di nuovo il grande sole bianco. Prego per i miei malati e deposito un fazzoletto con dentro le loro fotografie o capelli che sono riuscita a recuperare. Sopra ci metto un sasso del cammino, che il vento non se li porti via. A Dio dico, i malati che ti ho portato qui sono tanti e io non ho sofferto abbastanza perché tu li guarisca tutti. Mi ha ascoltato. La discesa è stata tremenda, scendevo sulle punte accecata dalle lacrime, e non volevo piangere, avevo caldo e dolore e mi sembrava che mi scoppiassero il cuore e la testa. Dicevo Dio aiutami perché non ce la faccio.
In pensione mi sono seduta ad aspettare mio figlio, aveva le chiavi della stanza . Ero seduta sull’ultimo gradino della scala. Avevo la testa sulle ginocchia, ero sporca e stremata. Dal fondo della scala mi sono sentita chiamare. Max saliva agilmente senza stampelle dicendo oplà. Ci ho messo qualche secondo a realizzare. Poi sono andata in camera a lavarmi e a piangere.
Il giorno dopo partivamo. La mattina siamo andati da suor Elvira che gestisce un asilo per gli orfani di guerra. Aspettandola abbiamo detto un Rosario. Poi è arrivata lei, asciutta e bella, ci ha detto che non gli manca mai nulla perché hanno la Provvidenza. I ragazzi restano con loro finché non si sono sistemati con lavoro e famiglia propri, e volano da soli. A uno del gruppo che le ha chiesto se era possibile adottarne uno a distanza , suor Elvira ha risposto che da loro non esistono orfani, ma solo una famiglia grande, e che se voleva adottarla tutta sarebbe stato il benvenuto. Asciutta e sorridente, un secco no. All’uscita, un cestino di vimini su un panchetto richiesto da Adelio era pieno di fogli da 50 euro.
E’ così a Medjugorje. Il caffè espresso costa 50 centesimi. Nella grande Chiesa non c’è buca per le offerte. Non vendono lumini. Non esiste la simonia così frequente attorno ai grandi Santuari. Non ti chiedono mai denaro. E’ gente serena perché ha la Provvidenza. E la Madonna lì davvero c’è, c’è sempre. Si sente.
Alle 15 siamo partiti col pullman per raggiungere Spalato e prendere il nostro traghetto. L’appello è stato fatto per nome, non più per cognome. Adelio non è un prete, ma è una persona speciale e appartiene a una famiglia speciale, una comunità di preghiera. Lui ha 5 figli. E ci ha introdotto alla preghiera lentamente, rispettandoci, senza violentarci, un giorno dopo l’altro sempre di più finché ci è parso naturale pregare . Al ritorno, in pullman abbiamo detto il Rosario.
Ho aspettato qualche giorno a mandare questo diario perché volevo concluderlo con la guarigione di Max. Ma non è ancora guarito. Ieri sono andata a trovarlo in ospedale che faceva una chemio sperimentale. Era stremato per l’attesa e aveva al ginocchio un nuovo dolore. La febbre tutte le sere. Ma la faccia di un bel colore. E’ cosi che ti grazia Dio. Le tue analisi magari vanno ancora male ma tu stai bene. La guarigione parte dall’interno e fuori arriva piano. Si vede dal colore della tua faccia. Io sono sicura che sta guarendo, come Edoardo, Fabiano, Patrizia, Pietro, Vivide e Beatrice. Fede vuole dire fiducia assoluta. E guariranno. Prima dentro e poi fuori.
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Ringraziamo Giorgio Quattrini, responsabile di Evolution Travel che ci ha mandato questa toccante testimonianza.
Commenti
2 commenti in “Il sole a Medjugorje non è giallo, ma grandissimo e bianco. Testimonianza su Medjugorje”Parole toccanti,tanta sofferenza !!!!Tragica fine per entra vi
sono tornata da Medugorje il 17 agosto.
nel mio gruppo non c’erano persone malate nel corpo.
grazie dal profondo del cuore per tutto ciò che hai condiviso.
hai pienamente ragione:la prima e più importante guarigione che Maria concede a Medugorje è quella dell’anima;il resto viene da sè.