Eremo di Sant’Angelo in Volturnino – Teramo
Sul versante ovest del Monte dei Fiori, le pareti aride dominano la valle del torrente Castellano.
Su un colle roccioso spicca una grande grotta visibile da tutta la vallata: èl’Eremo di Sant’Angelo in Volturino o, come lo definisce il De Rosa nella sua opera “Chiesa e religione popolare nel Mezzogiorno” (Roma-Bari 1972), Sant’Angelo a Settentrione, denominazione usata per distinguerlo da Sant’Angelo in Ripe.
Nel territorio di Valle Castellana la presenza monastica è senz’altro rilevante; la zona, nota come Valle Venaria, dal paese di San Vito si estendeva sino a Macchia del Sole ed all’Eremo di Sant’Angelo in Volturino.
Tale territorio venne citato in un documento del 1086 come “macchia dei monaci”. Il romitorio, fondato come dipendenza farfense, con il passare del tempo passò tra i possedimenti dell’Abbazia di San Salvatore di Rieti.
Nel 1235 Gregorio IX pone il monastero sotto la direttiva della Sede Apostolica; altri due documenti del 1252 e del 1256, rispettivamente di Innocenzo IV e di Alessandro IV, citano alcune dipendenze del monastero fra le quali figurano eremi e chiese rupestri della valle del Salinello.
Il monastero godette, oltre che della benevolenza della Santa Sede, anche dei vescovi ascolani ed aprutini, come appare in numerosi documenti .
La grotta (l’ingresso misura circa 18 metri) presenta un muro rettilineo, visibile esternamente solo per un breve tratto. Essa era divisa in due o tre zone di diverso livello: quella interna costituiva la parte cultuale e quella più esterna la parte abitativa.
Nella cavità sono visibili resti di una cisterna e, salendo alcuni gradini, si possono visitare due stanze, una delle quali rappresentava il cuore della struttura: la zona di culto.
Per un breve tratto sono ancora visibili i resti della pavimentazione, in cui si notano diversi dislivelli; sembrerebbe che ampi gradoni portassero alla zona absidale. Sulle mura della cappellina rimangono tracce illeggibili e frammentarie di affresco. Sulla parete rocciosa sono visibili piccole buche e un ripiano.
In tutta l’area della grotta sono numerosi i resti di intonaco dipinto, di pietre lavorate e di frammenti di tegolame